Leone: significato nel mito e simbolismo

Leone (Panthera leo)

Origine simbolica, mitologia e storia

Il Leone è il simbolo per eccellenza della forza, del dominio, del coraggio, dell’orgoglio e della fierezza.

Per le caratteristiche tipiche di questo imponente felino, ritroviamo sue rappresentazioni in quasi tutte le antiche culture.

La divinità egizio-persiana Mitra inizialmente era raffigurata con una testa di leone e per questo motivo nacquero le feste leontiche tipiche dei riti mitriaci; il dio Kneph, adorato dai Tebani, era venerato come un dio con la forma di serpente ma, in alcune rappresentazioni monumentali, si ritrova effigiato con testa leonina circondata da raggi solari; la dea fenicia Astarte (Ashtart o Ištar) venerata dalle popolazioni semitiche, il cui culto era diffuso in tutta l’area mediterranea, spesso era rappresentata su un leone.

Nella cultura egizia l’effige più famosa del leone si ritrova nella Sfinge che unisce la figura umana con quella leonina: essa appare già nell’Antico Regno nei testi delle piramidi con l’appellativo di “Dio-leone”. In Egitto la Sfinge era considerata una divinità maschile ed era sempre riprodotta accovacciata; ricordiamo una delle più antiche Sfingi, quella di Giza, che il faraone Cheope fece realizzare intorno al 2600 a.C..

Lo scrittore Diodoro Siculo, nell’opera Biblioteca Storica (III,34), afferma: “In Etiopia e nel paese dei Trogloditi, si trovano Sfingi che sono di aspetto simile a quello che viene assegnato loro nei dipinti; sono solo più pelose. Sono esseri per natura molto docili e imparano con facilità tutto quanto viene loro indicato”.

Sculture di leoni e leonesse a guardia di templi e luoghi sacri erano comuni e simili presso le culture dei popoli mesopotamici, egiziani, orientali e indiane.

La divinità Cibele, venerata dapprima in Asia Minore e, in seguito, in Grecia e presso i Romani, oltre ad essere la dea della fertilità, era considerata la sovrana della natura selvaggia non contaminata dall’uomo e, proprio per questo, era considerata al signora delle belve e, in particolare, del leone. La dea Cibele trova una sua collocazione anche nell’antico mito greco: il suo carro era infatti trainato da due leoni che, in realtà, altro non erano in origine che Atalanta e Melanione, trasformati da dal supremo Zeus in fiere come castigo per aver violato il tempio della dea.

Sempre nella mitologia greca, il leone fu la prima prova che l’eroe greco Ercole, figlio di Zeus e Alcmena, dovette affrontare su incarico del re Euristeo. Da tempo giungevano notizie che le campagne di Nemea, nei pressi di Corinto, erano depredate da un leone che ogni notte scendeva dalle colline per uccidere uomini e animali: Ercole avrebbe dovuto ucciderlo e scuoiarlo, quindi far ritorno con la pelle del leone per dimostrare che era riuscito nell’impresa.

Ercole portò a termine la missione uccise il leone con una clava, e tornò con la sua pelle avvolta intorno al corpo (con la quale spesso è raffigurato nell’iconografia).

Ercole con pelle di leone

 

Il leone è stato ampiamente utilizzato per descrivere creature mitologiche come ad esempio la chimera e il grifone ed era inoltre era rappresentato anche dal misterioso popolo etrusco: una bellissima rappresentazione scultorea è presente nel tratto di mura del Duomo di Pisa e, in particolare sulla Torre del Leone, nei pressi del l’ingresso chiamato Porta del Leone.

Secondo i Romani, solamente il canto del gallo poteva spaventare un leone: questa credenza deriva probabilmente dal fatto che anche il gallo sia dotato di cresta.

Durante il periodo medievale questo maestoso felino si pensava che il leone fosse in grado di cancellare le proprie tracce con la coda e che riuscisse a dormire con gli occhi aperti, per cui era preso a riferimento per indicare l’assoluta vigilanza: sterminato il suo utilizzo in campo araldico (anche come leone alato).

 

Il leone nel Cristianesimo e in ambito demonologico

Frequenti anche le citazione bibliche del leone e, tra queste, ci sembra opportuno riportare un passo contenuto nell’Apocalisse di Giovanni (13,1-2; 16,1): “E vidi dal mare salire una bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle sue corna dieci diademi, e sulle teste nomi blasfemi. E la bestia che vidi era simile ad una pantera, le zampe sembravano di orso, il suo muso come quello di leone….”. In questa visione Giovanni si riferisce alla bestia che emerge dal mare, una figura che riconduce al mostruoso, al bestiale per fornire alla creatura una valenza demoniaca. Giovanni, per questa descrizione, scelse gli animali più feroci secondo la propria concezione, e il leone era tra questi. In particolare la descrizione del leone è simile alla prima bestia di Daniele (Daniele 7,4). Con il materializzarsi della bestia del mare, aventi caratteristiche del tutto differenti dalla bestia della terra, Satana riesce ad ottenere quel riconoscimento che aveva cercato di trovare, senza alcun risultato, nel regno dei cieli. Il signor degli inferi con l’Anticristo ha la possibilità, seppur temporanea, di dimostrare il proprio potere.

Nella Sacra Quadriga, il misterioso carro (trono) di Dio che, secondo una visione del profeta Ezechiele successivamente ripresa da Giovanni nell’Apocalisse, era condotto da quattro esseri misteriosi con sembianze di uomo, di leone, di toro e di aquila, gli storici cristiani riconobbero negli evangelisti la valenza simbolica della profezia: l’evangelista Marco fu identificato con il leone perché il suo Vangelo ha inizio con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto, luogo in cui erano presenti molte bestie selvatiche.

In ambito escatologico non è infrequente che il leone sia associato al diavolo (spesso a Satana) ed è stato inoltre utilizzato in demonologia per raffigurare diversi demoni (testi magici Pseudomonarchia Daemonum, Ars Goetia, Dictionnaire Infernal), tra cui ricordiamo:

Buer, demone che capeggia cinquanta legioni di demoni, secondo alcune rappresentazioni (Louis Le Breton) è formato da una testa di leone circondata da cinque zampe caprine;

Purson, spirito infernale che è al comando di ventidue legioni di demoni, è raffigurato come un uomo con testa di leone che cavalca un orso;

Vinè, demone capo di trentasei legioni di demoni, è raffigurato come un leone che tiene un serpente in mano e cavalca un cavallo nero.

 

Simbolismo alchemico del leone

Nella filosofia alchemica ed ermetica, il leone ricopre un ruolo fondamentale e lo si trova utilizzato come allegoria e in raffigurazioni varie volte.

Nel libro di Abraham Lambsprinck, De Lapide philosophico (Francoforte, 1625), c’è un raffigurazione di un’allegoria molto interessante in cui si vedono due leoni in una foresta,

I due leoni alchemici

Con un testo che riportiamo integralmente:

I saggi giustamente c’insegnano

Che due forti leoni, un maschio e una femmina,

S’appiattano in un’oscura e aspra vallata.

Il maestro deve catturarli,

Sebbene essi siano svelti, feroci,

E d’aspetto terribile e selvaggio.

Se alcuno con la sapienza e l’astuzia

Può accalappiarli e legarli

E portarli nella stessa foresta,

Di lui si può dire con giustizia e verità

Che ha meritato la lode più d’ogni altro,

E che la sua sapienza trascende quella dei saggi mondani.

 

I due leoni rappresentano i nuovi simboli dell’anima e dello spirito e, quando sono catturati, devono essere riuniti nel loro corpo. Nello stato della perfezione umana, l’anima e lo spirito devono essere riuniti in uno. Come lo spirito tende verso Dio ed è ostacolato dal corpo, similmente il mercurio deve sublimare varie volte, volare in alto e ritornare nel nido, fino a che non si raggiunge la fissazione. In pratica l’alchimista deve procedere lentamente nel proprio viaggio spirituale, ma lo spirito e il corpo diventeranno una cosa sola nel nido, ossia nel cuore.

In altre parole lo spirito e l’anima devono essere aggiunti e sottratti al corpo (solve et coagula, concetto chiaramente espresso nella rappresentazione del demone ermetico Baphomet), tanto che “dev’essere un grande miracolo che da due leoni ne risulti uno”.

Un’altra raffigurazione interessante che esprime concetti simili a quello già spiegato, si trova nell’opera Atalanta fugiens di Michael Maier (Oppenheim, 1618),

leoni alati in ambito alchemico

in cui l’autore consiglia di sublimare lo zolfo e il mercurio fino a renderle inseparabili: “Aggiungi al leone una leonessa alata in modo che entrambi possano vivere nell’aria: Ma lui rimane solido e resta sulla Terra. Questa immagine della natura ti indica la via attraverso cui essa governa”.

In ambito alchemico il leone rosso simboleggia il Sole e il leone verde (assieme all’aquila, al serpente e alla colomba), la Luna philosophorum.

Secondo il Rosarium philosophorum (ed. Telle, Weinheim,1992), “il leone verde che divora il sole” rappresenta il “mercurio nostro”. Egli agisce in profondità di ogni corpo e lo eleva. Quando viene mescolato a un corpo, lo ravviva e illumina e ne trasmuta la sostanza (“Io sono il leone verde e d’oro senza preoccupazioni. In me si celano tutti i segreti dei filosofi”).

 

Allegoria alchemica: Leone verde che divora il sole (Weinheir)

Michael Maier, nell’opera Atalanta fugiens (Oppenheim, 1618), sostiene che oltre al vapore niveo, che ricade come “acqua ardente” o “fuoco innaturale”, e alle “acque sulfuree e fetide”, il leone verde è una delle “tre cose sufficienti a padroneggiare l’arte”. In questo senso viene descritto come estratto gelatinoso dell’antimonio grezzo.

Secondo Heinrich Khunrath, “il leone verde è il tutto universale e comprensibile in modo conciso e naturale, e tutto ciò che la supera con l’arte, secondo i principi naturali”.

Sulla scia di questo concetto, D. Stolcius Von Stolcenberg (Viridarium chymicum, Francoforte, 1624), il sangue del leone verde, detto anche “vetriolo dei savi”, è il solvente universale che divora i sette metalli e l’oro. Basilius Valentius afferma che il sangue coagulato del leone rosso (lapis, Sole), deriva dal sangue volatile del leone verde.

 

Superstizione e interpretazione onirica

Secondo la tradizione africana, mangiare il cuore di un leone infonde coraggio in colui che se ne nutre e portare un occhio di leone sotto l’ascella aiuta a tenere lontane le altre bestie feroci; indossarne la pelle, invece, dona la capacità di essere invisibili.

In altre tradizioni occidentali, poiché il leone è considerato il re degli animali, si pensava che l’animale non facesse mai del male a un altro re.

La tradizione comune sostiene che il leone abbia paura solo del gallo, la cui cresta è imponente quanto quella del felino.

Sognare un leone può indicare preoccupazione nei confronti dei propri superiori o datori di lavoro; lottare e vincere con un leone preannuncia che riusciremo a ottenere un successo a seguito di pericoli e ingiustizie.  Sognare un gruppo di leoni è presagio di proposte lavorative a collaborare in gruppo: ciò potrebbe portare a ottimi risultati negli affari. Sognare un leone che sbadiglia significa poter essere tranquilli, se invece il leone ha un aspetto corrucciato è un cattivo segno che indica future malattie. Un leone in gabbia è sinonimo di amicizia vera e duratura, un leone ruggente è indice di morte. Avere in sogno paura di un leone indica un grosso pericolo che incombe.